Attività
Passaggi di Vento - 2023
Anche quest’anno la Fondazione Acceglio ha deciso di incamminarsi verso una seconda edizione di “PASSAGGI DI VENTO”, dedicata ai cambiamenti climatici, e quindi uno sguardo sul loro più generale influsso che palesano di avere sul presente del nostro mondo.
Vorremmo, allora, indurre quello sguardo ad osservare con più attenzione ciò che sta accadendo, attraverso le sempre più frequenti piccole catastrofi che, come si diceva, accompagnano oramai il nostro vivere quotidiano. Considerando l’inestricabile intreccio relazionale che permea e consente lo svolgersi vitale sul nostro Pianeta, non possiamo non dedurne che lo stato di sofferenza che sta sempre più manifestandosi sulla Terra è tale che inevitabilmente va a pervadere ogni aspetto della sua realtà.
Porsi perlomeno delle domande non ci sembra operazione peregrina, anzi, proprio in ragione di quelle eventuali domande siamo portati a riflettere e a cercare risposte. Sono le domande che danno modo di operare scelte, dare luogo ad azioni, definire risposte.
I versi di apertura della poetessa lussemburghese Anise Koltz più che dare la sensazione di un vicolo cieco, un non procedere, possono invece inviarci un consiglio ragguardevole: non dimenticare mai e ricordarsi sempre!
Dimenticare e ricordarsi cosa? Non dimenticare e ricordarsi di osservare, di ascoltare, di pensare il bene, di agire bene, di fare il bene.
Curare significa interrogare la malattia, dunque cercare il rimedio. Se la malattia rappresenta l’indagine, ovvero la domanda, e la cura ne è la risposta, come potremmo chiedere dei rimedi senza la conoscenza di ciò che ha provocato il malanno?
PASSAGGI DI VENTO - Seconda edizione 2023
CATASTROFI TASCABILI
Il tempo che stiamo attraversando è un tempo catastrofico. Un tempo di cambiamenti innescati da una crisi energetica, economica e climatica che coinvolge l’intero pianeta. Catastrofi che disegnano visioni e narrazioni apocalittiche, dove la proiezione del futuro si fa incerta, se non nella direzione dell'inatteso, dell'inevitabile e dell'inconcepibile. L'emergenza climatica, nonché planetaria, ci appare nella sua drammaticità e tocca diversi aspetti: dai grandi incendi boschivi negli Stati Uniti, in Siberia, nella foresta equatoriale del Congo, alla crisi delle risorse energetiche e dell'acqua, dagli incidenti naturali a quelli provocati dall'uomo (per esempio la “porta dell'inferno” in Turkmenistan[1], Chernobyl, Fukushima). È innegabile che ci troviamo di fronte alla sesta estinzione di massa delle specie viventi[2]. Un fenomeno che mette in crisi sia il sapere scientifico che i saperi locali, dove da un lato la ricerca scientifica ha generato una osservazione sul comportamento della natura, in merito proprio agli effetti che si stanno mostrando nelle emergenze in corso (ma il sapere scientifico non tiene altresì conto dei saperi locali ed è raro, come fa notare Gilles Bibeau[3], che gli esperti di crisi climatica facciano spazio a esperti di conoscenze tradizionali), dall'altro lato gli autoctoni - contadini, montanari, pescatori - stanno gradualmente perdendo saperi legati ai propri territori: gli abitanti dei villaggi della foresta equatoriale del Congo riuscivano a prevedere quando gli incendi si sarebbero sviluppati, così come altri indigeni prevedevano le alluvioni oppure nelle Alpi le valanghe, i movimenti delle bufere; oggi non più[4]. I gruppi autoctoni vedevano la stabilità come una correlazione tra gli esseri viventi che abitano il mondo, tutti gli esseri viventi; ancor meglio la difficoltà di comunicazione fra questi saperi diversi, la crisi della stabilità di quelli locali di fronte allo scenario e all’accelerazione dei cambiamenti climatici in corso, le politiche economiche del sistema capitalista che determinano lo sfruttamento: questioni che concorrono a causare una situazione di instabilità, con ricadute in termini di salute, diseguaglianze e sofferenze. Per tale ragione, spesso, le comunità locali aderiscono in maniera acritica e assogettata alle politiche di sfruttamento del capitale proprio per la difficoltà di far emergere il loro contributo in termini di episteme, di conoscenza filosofico-culturale, contributo che non viene recepito dal sapere scientifico. Questo sfruttamento pare che non possa più essere slegato dalle azioni e dalle scelte locali.
La catastrofe è personale, cioè fa parte del nostro percepito, è parte della crisi del soggetto e della sua possibilità di presenza nella Storia, quando “la scelta individuale si smarrisce come centro di decisione e di scelta”[5], e ancor più significativa in ragione del suo inerire, del suo essere intimamente e intrinsecamente connessa e inanellata nel mondo. Apocalissi legate al nostro vissuto, ma che sono riconducibili alla collettività. Dal personale al collettivo e al rapporto con il nostro pianeta, allargare e creare virtuosamente le tecniche a nostro favore, per la costruzione di un neo-umanesimo che convochi gli elementi centrali dell'umanesimo moderno e classico, integrando il biologico e l'antropologia. Le tecno-scienze, per esempio, rappresentano un punto di svolta, al contempo positivo e negativo, nella storia delle società umane. Occorre ri-assemblare le visioni, uscire da quelle particolari branche del potere e dalle relative tanato-politiche, ossia politiche della distruzione e della morte, per svelare saperi nuovi.
L'orizzonte del futuro e la sua proiezione richiedono uno sforzo di immaginazione oltre il già dato, un tentativo di superare e ridefinire l’ordine delle cose, di integrare conoscenze, riprendere disusati saperi e approntarne di nuovi, siano essi frutto del mondo della ricerca scientifica oppure di conoscenze acquisite in presa diretta. Si tratta di operare una ricerca che, foucaultianamente, provi a trovare una linea di demarcazione tra passato e presente. Ma per fare questo forse occorre affidarsi a quella potente intuizione di Walter Benjamin di “un futuro del passato”, un “ricordare il futuro”, dove l'attualità di ciò che è stato, proprio perchè non ancora giunta a compimento e onorata dalla storia, ci attende, viva più che mai: è allora che si aprono possibilità inattese, inconcepibili. E ancora, il filosofo tedesco ci suggerisce quell'idea, quasi mistica, secondo cui le parole e le cose sono materialmente collegate e che i collegamenti, come per i colori della tavolozza di un pittore, vadano a stendersi creando un andirivieni di immagini, a volte con straordinaria velocità a seconda dello stato di emergenza e di quanto noi stessi si penetri in quelle immagini (oppure può contemplarsi il contrario: quanto siano invece le parole ad avvolgerci e assorbirci). Allora il futuro può davvero inscriversi nel presente, nelle scelte che quotidianamente operiamo, nella ri-significazione che sappiamo dargli, in quel modo diretto che già ne realizza il senso nel “qui e ora”. Perché il futuro non emerge dalla pura fantasia o dalla volontà politica, è davvero inscritto nel presente[6]. E però non è inevitabile, poiché il presente esiste nell'oscillazione tra innumerevoli biforcazioni[7], nel suo essere multivalente, nell'evolvere in molte maniere diverse, dove la linea di fuga dall'inevitabile è l'inconcepibile [...] e, oltre il codice dominante che impedisce la visione, trasforma in inconcepibile quello che invece è possibile[8],[...] come ad esempio la possibilità di un approccio al tecno-potere che si fondi sui bisogni sociali anziché sulle priorità dell'economia[9].
Nel restringere il focus sulle questioni portate dalla crisi globale nei territori alpini, pensiamo sia importante affrontare il tema dei cambiamenti climatici all'interno dei luoghi che quotidianamente si abitano, a partire da quelle narrazioni che ci hanno accompagnato sino a oggi. In una prospettiva più localizzata, il cambiamento climatico interessa ovviamente entrambi i versanti del confine italo-francese dove, benché le amministrazioni dei rispettivi Stati abbiano operato in maniera diversa, permangono tuttavia criticità che accomunano i territori: il problema del ritiro dei ghiacciai a seguito del riscaldamento del pianeta, la penuria di nevicate negli ultimi anni e il conseguente calo dei bacini idrici che rischiano di provocare un fenomeno di inaridimento delle terre alte, con ripercussioni sulle coltivazioni a fondo valle.
Sul versante italiano si è assistito, dal dopoguerra in avanti, a uno spopolamento dei paesi transfrontalieri, una piccola apocalisse che ha coinvolto, nel caso nostro, gli abitanti delle zone delle montagne del cuneese, i cui effetti hanno condizionato le Comunità e le Amministrazioni che hanno dovuto dare risposta ai cambiamenti intervenuti, alle micro-economie ed ecologie di chi questi luoghi li abita. Dal decremento demografico al cambiamento dell'economia e del paesaggio alpino, ai problemi di impatto psicologico e alle nuove migrazioni che attraversano i territori; dal turismo di massa alla visione di una montagna elitaria, le narrazioni che si sono susseguite hanno determinato scelte con le quali ci siamo dovuti confrontare, i cui punti forti e i limiti si sono visti all’emergere via via delle criticità. Talvolta gli abitanti del territorio furono i protagonisti di tali narrazioni, talaltra le hanno subite. Ecco, allora, il tentativo di ricomporre un quadro e una visione, confrontandosi quindi con quanto è rimasto dei saperi e quanto sia possibile dunque conciliare le conoscenze, i saperi che sono portato culturale, che necessitano di essere conosciuti e rivivificati, un processo di continua connessione con essi e interrogazione su di essi onde non renderli feticci, poiché il dato culturale resiste finché c'è tensione a farlo esistere; oppure, compiuto il suo tempo, mutarlo in una nuova etica. Un'etica che non prescinde dal territorio. Narrazione e territorio concorrono al tentativo di superare tutte quelle descrizioni, tutte quelle rovine romantiche e tutte quelle estetizzazioni, che sono di intralcio al porsi domande sul significato e sui contenuti di un sapere condiviso e integrato, cercando di dare un luogo significativo al nostro abitare il pianeta, attuando così una divisione del pianeta dal globo, poiché il globo è un luogo che nessuno abita, frutto della rete connettiva dei processi della globalizzazione (da intendersi quale processo progressivo e inesorabile di spersonalizzazione) mentre il pianeta è lo spazio abitato dalle forme viventi[10], lo spazio del territorio che quotidianamente attraversiamo.
Se ci soffermiamo sul significato di “apocalisse” che significherebbe “rivelazione”, possiamo argomentare che la nostra attenzione vuole porsi al bivio di due possibilità di azione: o ci si fà portatori di una nuova lettura del mondo, della nostra vita (rivelazione, portare alla luce un’evidenza, una verità) oppure si preclude il rinnovamento, ci si pone in posizione scettica, se non di negazione del rinnovamento, e dunque si impedisce, si ostacola, si oscura (ri-velare, riportare quindi il velo sul viso) il pensare in termini di crescita propositiva.
Da qui nasce l'idea di proporre un'edizione del seminario “Passaggi di Vento” 2023 che tratti di queste “catastrofi tascabili”, per cercare di interrogare e interconnettere il sapere scientifico con quello dei territori,
Due giorni di seminario per cercare di costruire, insieme, un discorso che vada più a fondo, interrogandoci su tutte quelle criticità che, in un momento in cui i modelli ereditati dalla storia perdono senso, propongano una combinazione che affronti la crisi dell'ordine simbolico; per interrogarci su quali destini ci attendono in vista di un'apocalisse che sembra non lasciarci scampo ma ci ponga al contempo al bivio di un monito.
Fine dei mondi locali? Fine di un mondo? Crisi del simbolismo e caduta del mondo occidentale così come lo abbiamo concepito finora? Domande a cui tutti siamo chiamati a rispondere. Nel volere tentare di mostrare una prospettiva di ri-significazione, vogliamo provare a partecipare nella costruzione di saperi che aiutino e mettano gli individui nella possibilità di superare le crisi, attraverso un'azione volta a trovare una via di uscita, oltre le catastrofi.
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[1] : Così viene definito il cratere gassoso Darvaza, noto appunto come “Porta dell'Inferno” o “Cancelli degli Inferi”, cratere originato dal collasso di una caverna di gas. I geologi lo avevano intenzionalmente dato alle fiamme per impedire la diffusione di gas metano. Si presume stia bruciando ininterrottamente dal 1971.
[2] : L'estinzione di massa è un periodo geologicamente breve durante il quale vi è un massiccio sovvertimento dell'ecosistema terrestre, con scomparsa di un grande numero di specie viventi e sopravvivenza di altre che divengono dominanti. Esistono diverse cause di estinzione di massa, come il cambiamento climatico, le catastrofi geologiche, attacchi di meteoriti sulla superficie terrestre. Alcune prove suggeriscono che i microbi potrebbero aver accelerato o contribuito ad alcune delle estinzioni di massa conosciute attraverso la scala temporale geologica.
Le prime cinque grandi estinzioni di massa, in ordine di successione, sono chiamate: Ordoviciano-Siluriano (circa 450 milioni di anni fa), Devoniano superiore (circa 375 milioni di anni fa), Permiano-Triassico (circa 250 milioni di anni fa), Triassico-Giurassico (circa 200 milioni di anni fa), Cretaceo-Paleocene (circa 65 milioni di anni fa). La nostra parrebbe essere la sesta, definita Antropocene (in greco anthropos definisce l'essere umano) in quanto l'elemento critico che ne sta comportando l'accadimento è individuato nell'essere umano o, per dirla in altri termini, “per la prima volta nella storia della Terra una sola specie, quella umana, ha il potere di sfruttare a proprio vantaggio tutte le risorse del pianeta e tutti gli organismi che lo abitano”.
[3] : Gilles Bibeau è un antropologo specializzato in studi africani e in etno-medicina. L'antropologia medica si occupa dell'impatto del sistema medico sul corpo e la psiche individuali, del rapporto tra guaritore e malato, della dimensione sociale e antropologica della salute, della malattia e della cura e di come differenti culture abbiano elaborato differenti testimonianze di pratiche, credenze e conoscenze intorno ai problemi esistenziali collegati alle tematiche della salute, della malattia e della cura.
[4] : “Fini del mondo, fine dei mondi. Re-immaginare le comunità” - 4° Convegno Nazionale della Società Italiana di Antropologia Medica (SIAM), Napoli, 26—28 gennaio 2023 Università degli Studi di Napoli Federico II / 27 /01/2023 - Dipartimento di Scienze Sociali
[5] : E. De Martino, Sud e Magia , Feltrinelli, Milano 2004, pag.90
[6] Franco Berardi “Bifo” - “Futurabilità”, edizioni Nero, Roma , 2018, pag. 243
[7] ibidem
[8] Ivi, pag. 244 (corsivo n.d.a.)
[9] Ivi, pag. 245 (corsivo n.d.a.)
[10] Trasmissione Zarathustra, Rai Radio 3, 5 febbraio 2023. Per correttezza, integriamo qui il passaggio originale ripreso dalla trasmissione che così recita: « [P]erché il globo è un luogo che nessuno abita, frutto della rete connettiva dei processi della globalizzazione, mentre il pianeta è abitato dalle forme viventi »