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Attività

Dizionario “Accegliese a Nostro modo” 2022

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Due serate, il martedì 9 e il venerdì 12 agosto 2022, sono state dedicate alla presentazione del dizionario “Acceglio a nostro modo”, pensate e organizzate dalla Fondazione Acceglio e da Espaci Occitan di Dronero, rappresentato nella serata accegliese dalla persona del suo Presidente, il sig. Michelangelo Ghio.

Vogliamo qui ricordare che la volontà di appoggiare questo loro lavoro, dedicato a un dizionario di parlata locale, oltre a fare riferimento all’interesse di memoria storica che la pubblicazione può avere per il nostro territorio, riguarda altresì il tentativo di inserirla in una ipotesi progettuale per la ricostruzione di un itinerario di proposte inerenti alla domanda: “conosci te stesso”, massima e imperativo antichissimi, dalla quale discende la qualità della vita di ognuno. Anche se « la conoscenza di sé si attinge prestando silenziosamente orecchio alla conoscenza del cuore. Questa, però, è sempre danneggiata dal tentativo di fomularla in parole » (K. Gibran)

 

Nel 1904 venne assegnato il premio Nobel per la Letteratura a Frédéric Joseph Étienne Mistral, in riferimento alla sua opera in provenzale intitolata Mirèio. Premio particolare, in quanto fu assegnato ad un’opera scritta in una lingua che non era riconosciuta ufficialmente dallo Stato nel quale si trovava a vivere l’Autore, in una regione inserita amministrativamente in un territorio nazionale che, per quanto lo riguardava, era la Francia. Un caso, quello di Mistral - peraltro autore del Tresor dóu Felibrige (1878-1886) -, che ebbe a ripetersi in un’altra assegnazione di premio Nobel per la Letteratura, questa volta nel 1978, conferito a Isaac Bashevis Singer, scrittore in lingua yiddish. Due Nobel assegnati a scrittori in idioma non ufficiale, e quindi un riconoscimento al valore letterario di lingue minoritarie, non nazionali.

All’oggi, quello dei due Ponza, Costanzo e Luigi, potremmo dunque definirlo un altro tentativo vòlto in direzione del rilancio e della riflessione riguardo la loro parlata locale che va via via perdendosi, in quanto trova sempre meno soggetti che ne raccolgano le tracce ancora esistenti e la ricuperino, all’interno della Comunità, come elemento di comunicazione.

 

La necessità di riproporre all’attenzione della Comunità accegliese tutta una serie di termini che vanno sempre più scomparendo, trova in queste parole di Wendell Berry, reperibili nel suo Le strade dell’ignoranza, una spiegazione idonea a renderne il senso. Scrive il Berry:

 

«È necessario parlare, e insegnare ai nostri figli a parlare, una lingua attenta, articolata e sufficientemente vivace da esprimere la verità sul mondo che conosciamo. E per poter far ciò è necessario sapere qualcosa delle radici e delle risorse della nostra lingua: dobbiamo conoscere la sua letteratura. L’unica difesa contro il peggio è una conoscenza del meglio. Attraverso la loro ignoranza, gli individui emancipano i loro sfruttatori. [...] Ciò che voglio dire, perciò, è che la competenza linguistica - la padronanza della lingua e la conoscenza dei libri - non costituisce un ornamento, ma una necessità. Si tratta di una conoscenza priva di praticità soltanto dal punto di vista del profitto facile e del potere immediato. Una prospettiva più ampia dimostrerà che soltanto questo genere di competenza può preservare in noi la possibilità di un giudizio fedele su noi stessi, la possibilità di correggerci e rinnovarci. Senza di essa restiamo alla deriva nel presente, tra i relitti del passato, nell’incubo del futuro ».

 

“Conoscere la sua letteratura”, dice il Berry a proposito della lingua. E quale letteratura possiede la Valle Maira? Se per letteratura possiamo anche intendere, e farne allora partecipe, la storia di coloro che raccontano la propria condizione ecco che i narratori - spesso all’interno di un luogo geografico di riferimento lungo un arco temporale che ne fa appunto i soggetti della letteratura di territori specifici per comunanza linguistica - sono coloro che ufficialmente testimoniano appunto della vivacità intellettuale che racconta l’esistenza di una cultura.

Cultura viene dal latino colĕre col significato di “coltivare”. Seguendo quanto ci viene detto dall’Enciclopedia Treccani, cultura è “l’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”.

La Letteratura testimonia dunque tutto questo, istituendosi a “memoria”. E questo lavoro sulla ricostituzione di un dizionario, da parte di Luigi e Costanzo Ponza, può e deve dirsi un lavoro culturale poiché, innanzitutto, testimonia di una fase della Cultura e, nello specifico, l’aspetto formale e sostanziale che quella Cultura ha assunto in un luogo come la Valle Maira.

Un dizionario che può dirsi un piccolo tesoro dovuto all’impegno e generosità dei due Autori. Un piccolo tesoro, un “terma”.

Terma è una parola tibetana che significa letteralmente "tesoro nascosto". Con questa parola si indicano degli insegnamenti o anche degli oggetti cultuali, quali statue o strumenti rituali, nascosti in un dato periodo storico all'interno di caverne, laghi, valli, rocce, colonne di un monastero, per essere riscoperti al momento dovuto e quindi divulgati per il bene degli esseri viventi.

Conservazione ed evoluzione: conservazione perché le pagine del dizionario trattengono e contengono tutte quelle parole che potranno così trasmettersi, ed anche evolversi, nel corso del tempo; oppure rimanere lettera morta e permanere sulla mensola di casa per qualche momento in cui il ricordo ritorni a sorprendere; e dunque un dizionario che può rimanere inerte, inservibile, essenziale unicamente all’arredamento.

“Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva per scavarsi cisterne, cisterne screpolate.” Parole forti queste, tratte da Geremia e dedicate a ben Altro che l’argomento della lingua, eppure parole che servono anche a farci pensare alla povertà della lingua che usiamo e al contempo alla ricchezza insita nell’impiego che se ne può fare. Per esempio, porre la lingua a servizio dell’emancipazione perché, ricordando ancora Gibran, siamo debitori di tutto nei confronti di tutti.

Ricchezza e valore della lingua, quali elementi utili a farci progredire attraverso il pensiero, la riflessione, l’autocoscienza. Elementi favorevoli allo sviluppo dell’uomo, come ci vengono implicitamente presentati nella poesia Lingua e dialetto, del poeta siciliano Ignazio Buttitta (1899-1997):

 

Un popolo

mettetelo in catene

Spogliatelo

tappategli la bocca

è ancora libero.
Levategli il lavoro

il passaporto

la tavola dove mangia

il letto dove dorme,

è ancora ricco.

 

Un popolo

diventa povero e servo

quando gli rubano la lingua

ricevuta dai padri:

è perso per sempre.

Diventa povero e servo

quando le parole non figliano parole

e si mangiano tra di loro.

Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto

che perde una corda al giorno.

 

Questi versi di Buttitta ci sembrano veramente genuini, originati da una sincera partecipazione a riferire una veritiera urgenza che si manifesta a cospetto del divenire ma, come scrisse Schiller, « la verità non è, come la realtà o l’esistenza sensibile delle cose, qualcosa che possa essere ricevuto dall’esterno; è qualcosa che la facoltà del pensiero produce autonomamente e nella sua libertà » perché « ... mi sono reso conto - dice Gibran - che quando accettiamo la forma di un uomo accettiamo anche il suo pensiero ». Anche se in questi nostri tempi la “sua” posizione di pensiero sembra non essere molto in auge.

E proprio in ragione di questa considerazione, la memoria ci serve a delineare una storia che si racconta con la propria lingua, dalla quale fiorirà una particolare letteratura che canterà i tesori del tempo e avrà la capacità di giungere in luoghi altrimenti inarrivabili, dissodando quel prodigioso terreno della Libertà che parteciperà del frutto meraviglioso della Cultura. Un « processo attraverso il quale l’uomo viene gradualmente reso perfetto e assimilato all’Anima universale ».

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